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E l’eco rispose: l’ultimo successo di Khaled Hosseini

15/10/2013

E l’eco rispose: l’ultimo successo di Khaled Hosseini

Non delude neanche stavolta lo scrittore de “Il cacciatore di aquiloni” e “Mille splendidi soli”. Non appena il mio sguardo si è posato sullo scaffale della libreria nella quale mi ero recata per dare uno sguardo ed ho visto il libro del quale vi parlero’, senza indugio ho deciso di acquistarlo.

Neanche il tempo di rientrare a casa ed ero già immersa tra le sue pagine, perché era tanta la curiosità derivante dall’originalità della sua scrittura, dalla commozione e, perche' no, anche dalle emozioni prive di sentimentalismi che avevano suscitato in me le altre sue storie.

Hosseini ha aperto una finestra su un mondo che ci era noto in parte, in virtu’ delle notizie assunte dai telegiornali. E’ riuscito a squarciare il velo del “già visto”, “già sentito”, che pronunciamo quando ci troviamo al cospetto di un fermo immagine della guerra in luoghi che sembrano così lontani dai nostri, l’Afghanistan, il Pakistan, l’India.

E l’autore è bravo a dotarci di nuovi occhi, conducendoci ben oltre le bombe, le mine, i soldati e i bimbi sporchi per strada: argomenta della quotidianità, delle inevitabili ripercussioni che la guerra, la povertà, la politica hanno sull’esistenza degli abitanti di quei paesi. Racconta di tradizioni antiche, di abitudini affascinanti, di anime che ci appassionano e in cui, talvolta, ci riconosciamo.

Asserire che questa è la storia di Abdullah e della sua sorellina Pari sarebbe riduttivo, perché sono solo il centro del romanzo, attorno al quale si stagliano tanti altri protagonisti che in un modo o nell’altro sono ad essi collegati. I due bambini hanno rispettivamente dieci e due anni e, orfani di madre, sono affidati alle cure dell’infelice matrigna, Parwana, e del padre che non riesce più a provvedere al loro sostentamento.

Il libro inizia con l’immagine di questo papà che amorevolmente racconta una favola ai due fanciulli prima di un viaggio che cambierà la loro vita per sempre: saranno separati. E’ il fratello di Parwana, Nabi, a strappare Pari ad Abdullah e a condurla in una famiglia molto ricca di Kabul per la quale lavora in qualità di autista. La piccola e la sua stravagante madre adottiva, poetessa dal comportamento scandaloso per i benpensanti del paese, ben presto si trasferiranno in Francia.

L’autore è bravissimo ad intrecciare e far correre i binari in maniera parallela, narrando anche la storia dello zio Nabi, della casa in cui è vissuto, donata dopo la guerra alle associazioni umanitarie, quella di Markos, medico volontario in quella terra, di Pari trasferitasi a Parigi, di Abdullah costretto ad emigrare in America e del suo fratellastro, di Parwana, di Timur e Idris, molto giovani quando fuggirono all’estero con i genitori per comprendere a fondo le sofferenze dell’Afghanistan.

Non c’è nulla di non detto e nulla di scontato e fino alla fine coltiviamo la speranza che i due fratellini riescano a ritrovarsi da adulti. Ma ovviamente questo non posso svelarvelo. Vi dico pero’ che , forse, lo scrittore ci lascia non solo con l’amarezza per le sofferenze di un popolo, di bambini e di donne, ma anche con l’incredibile convinzione che non a tutto c’è rimedio.

Giuliana Scamardella
 

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