Gli inglesi, con la partita di questa sera hanno dato dimostrazione che la vittoria del Chelsea in Champions non puo' essere indicato come un evento sporadico. Infatti il club londinese ha conseguito la vittoria della manifestazione con delle prestazioni difensive fino all’esasperazione, riuscendo a capitalizzare al massimo quelle poche occasioni create con il contropiede.

La nazionale di Hodgson ha avuto un atteggiamento da provinciale, giocando una partita attendistica e rinunciando fino all’ingresso in campo di Carroll al classico gioco inglese della palla lunga per una spizzata del centravanti per la seconda punta. Atteggiamento che, giustamente, l’ha vista soccombere ad una nazionale, quella italiana, che invece ha messo in campo cuore e idee, creando molte occasioni da rete. Dominio assoluto quello degli azzurri, con l'unico rammarico di non aver vinto nei 90 minuti e di aver dovuto consumare altre nergie, fisiche e nervose per i supplementari e poi per la lotteria dei rigori. Freddezza e tecnica hanno pero' consentito a Pirlo e compagni di portare a casa questa importante e nettissima affermazione.

Il quarto di finale di questa sera ha confermato che il nostro calcio, pur con tutte le difficoltà del momento è vivo e gli italiani dopo la crisi di risultati dopo la vittoria al Mondiale del 2006, si stanno innamorando di questa nazionale.

Non sono bastati 180’ per assegnare l’ultimo posto disponibile in semifinale, minuti nei quali la partita è stata sempre nelle mani, anzi nei piedi degli azzurri che hanno avuto sempre il predominio del gioco; una partita che come ha detto nel post-gara il CT Prandelli ha premiato la squadra che ha mostrato un evidente linea di gioco, pur mantendosi viva anche dal punto di vista agonistico.

Adesso, seppur contro i favori del pronostico, ci aspetta la Germania, forte dal punto di vista tecnico e robusta sotto l'aspetto fisico. Sarà una seminifinale durissima e dal risultato incerto, pero' l'Italia c'e' e nessun traguardo adesso puo' essere considerato impossibile da raggiungere.

Paolo De Giorgio